24 Agosto 2018 Comments(0)

    Kӧln Concert

    Ho sempre amato il pianoforte, la semplicità del bianco-nero della tastiera e la sua capacità intrinseca di esprimere tutti i colori del mondo; la possibilità di essere un semplice accompagnamento ad altri strumenti e allo stesso tempo essere il principe degli strumenti solisti; la consapevolezza di essere in risonanza io stesso con la timbrica di questo strumento. Ho anche studiato il pianoforte ma, forse mio unico rimpianto nella vita, ho dovuto abbandonarlo. Probabilmente quando ero ragazzo non avevo sufficiente voglia di continuare, altrimenti avrei trovato il modo di perseverare. Ho trovato tante scuse, a quei tempi, come faccio e facciamo sempre tutti, fino a quando non acquisiamo la giusta consapevolezza, una scusa migliore dell’altra per abbandonare lo studio di questo strumento meraviglioso. Un detto indiano recita così: “Se una cosa la vuoi, una strada la trovi. Se una cosa non la vuoi, una scusa la trovi”. Oggi rimane il rimpianto ma, allo stesso tempo, è cresciuto l’amore per il pianoforte, diventato ancora più imponente, più profondo. E quando penso al pianoforte, la prima cosa che, in genere, mi viene in mente è Kӧln Concert, di Keith Jarrett, un concerto e un’improvvisazione che raggiunge livelli incredibili. Spesso, per descrivere quanto mi piacesse quella musica, dicevo che era uno dei segni dell’esistenza di Dio… e allora ero agnostico, tendente all’ateo.

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