
The Help
Non ho mai avuto un film preferito, così come non ho mai avuto una canzone preferita. Non riesco a scegliere, tra le tante cose che toccano le mie molte corde emozionali, una mia preferita. Nel cinema, ad esempio, ci sono film che fanno parte della mia vita, che per un motivo stilistico o narrativo, o di qualche altro possibile registro, hanno un posto speciale per me. I primi che mi vengono in mente sono “Forrest Gump”, “21 grammi”, “Contact”, “Harry ti presento Sally”, “Se mi lasci ti cancello”, “Truman Show” e potrei continuare ancora a lungo. Sono, questi, tutti film che mi hanno commosso, mi hanno fatto capire qualcosa di me stesso e della vita. Uno degli ultimi film, in ordine strettamente temporale, naturalmente, che ha scalato questa classifica, che classifica in senso letterale non è, è “The Help”.
Qualche volta nei film, come in altre forme artistiche tipo letteratura e musica, ma nel cinema accade in maniera più incisiva, ci troviamo di fronte a quella che posso definire con una sola parola: magia. The Help è magico. Tutto funziona e procede alla perfezione. Sia dal punto di vista tecnico che emozionale. La sceneggiatura ha un ritmo strepitoso, i tempi e i dialoghi sono azzeccati, la fotografia ti immerge completamente in quegli anni. Tutto il meccanismo cinematografico, di un livello talmente alto da non essere notato, sparisce per lasciare spazio alla realtà sullo schermo, una realtà quasi più vera della nostra quotidianità. Un istante ridiamo, l’istante dopo siamo mossi fino alle lacrime da emozioni completamente diverse, quasi vivessimo in prima persona gli avvenimenti rappresentati. Il tutto permettendoci di affrontare anche temi importanti e spinosi a livello sia sociale che personale, e anche profondamente intimo. Fu durante il volo Londra-New York che guardai per la prima volta The help. la cosa importante fu che lo guardai una volta in italiano e, subito dopo, lo volli assolutamente rivedere in lingua originale, sia per la curiosità che per la voglia di immergermi di nuovo in quell’atmosfera stupenda, magica appunto. E la seconda volta, in lingua originale, mi è piaciuto ancora di più.
Non sono molti i film in cui ho potuto provare questa sensazione di vera magia. Ricordo che, quando frequentavo l’Accademia dell’Immagine, dovendo studiare e quindi analizzare inquadratura dopo inquadratura, uno stacco di montaggio dopo l’altro, ero arrivato a perdere la fascinazione per il mondo rappresentato sullo schermo. Proprio per il desiderio di capirne le dinamiche tecniche, il film diventava un oggetto da spezzettare per scovarne gli accorgimenti tecnici, le soluzioni registiche o di montaggio, a discapito della semplice e fondamentale visione, delle emozioni legate alla storia ed esaltate dalla musica e dalla recitazione. Forte delle mie nuove conoscenze, ho voluto provare ad esaminare uno dei film che più amavo: Forrest Gump. Ho sempre creduto che quel film avesse in sé qualcosa di magico perché, come in The Help, funzionava tutto alla perfezione. Talmente alla perfezione, infatti, che poco dopo l’inizio del film avevo assolutamente dimenticato il mio proposito di analizzarlo e mi sono ritrovato a piangere e ridere come fosse la prima volta che lo vedessi. Questa è una delle tantissime cose che amo del cinema, ma perché un film possa riuscire a fare questo non deve avere solo una bella storia con bravi attori. È fondamentale anche un apporto tecnico di altissimo livello. L’una senza l’altro permette la realizzazione al massimo di un buon film. Soltanto insieme raggiungono la magia. Questo discorso, naturalmente, vale anche per gli altri film sopra elencati che, insieme ad altri, fanno parte dei film della mia vita, di cui avremo modo di parlare.